Don Carlo Montevecchi

Maggio 3, 2013 di claudiokap

Don Carlo Montevecchi

Don Carlo Montevecchi


Parroco di Pian di Setta e prete della Direttissima
Quella che andiamo a indagare in questa piccola ricerca è la figura di Don Carlo Montevecchi, autore di un libro, di contenuto dottrinario ma di successo, che gli consentì di pagarsi delle cure altrimenti costose.
Parroco in Pian di Setta da 1911 al 1934, dove succedette a Don Gaetano Picchioni (1845-1910), che resse la Parrocchia di Santa Giustina dal 1874 all’anno della morte, dopo l’esordio con Il genio:studi , pubblica altri due libri a distanza di molti anni tra loro, Le diverse posizioni del problema gnoseologico e Orientamenti per giudizi tecnici intorno alle singole concrete persone .
Uomo di fede che ha dedicato ampia parte della sua vita allo studio e all’insegnamento della filosofia ci fa piacere identificarlo anche come prete della Direttissima perché guarda caso il suo periodo di permanenza in Pian di Setta coincide esattamente con l’inizio e la fine dei lavori della ferrovia tra Bologna e Firenze. Fu quindi testimone dell’immane fatica degli uomini che costruirono il ponte sul Farnedola, ancora oggi considerevole per imponenza e impatto visivo.
Ricaviamo importanti sebbene stringate notizie biografiche che lo riguardano dal libretto Necrologio del Clero bolognese degli ultimi cinquant’anni, curato dal Sacerdote Ivaldo Cassoli e pubblicato a Bologna nel 1965:
Montevecchi Can. Prof. Carlo, anni 81 (1963)
Trascorse alcuni anni in varie Parrocchie, come Cappellano, quindi fu nominato Parroco Pian di Setta, che resse per oltre 20 anni. Si dedicò agli studi della filosofia, perfezionandosi anche alla Università di Lovanio e negli Stati Uniti. Fu docente per 15 anni di questa disciplina nel liceo del Pontificio Seminario Regionale, e diede di essa vari saggi in erudite pubblicazioni. Nominato Canonico della Basilica di S. Petronio, ne fu anche Decano e penitenziere.

Nato a Cervia nel 1882, venne ordinato Parroco nel 1905: docente di Filosofia scolastica e Apologetica del Seminario Pontificio Regionale, allora in Piazza dei Martiri a Bologna, dove insegnerà tra il 1934 e il 1950, tra il 1913 e il 1916 è in Belgio, a Lovanio, presso la più antica università cattolica, per laurearsi in Filosofia con l’Arcivescovo di Malines Cardinale Mercier (1851-1926), riprendendo pieno possesso della Parrocchia nel 1918; nei periodi in cui la Parrocchia resta vacante in periodi successivi la Prima Guerra Mondiale il suo ufficio viene preso da don Ernesto Nanni (1902-1981) di Monte Acuto Vallese .
Don Montevecchi, Vicario di Monsignor Fidenzio Mellini (1862-1949), arciprete di Salvaro, lascia definitivamente la Parrocchia di Pian di Setta per l’insegnamento a metà anni Trenta, trasferendosi dapprima in Via Nazario Sauro 36 e poi in Via del Piombo 12, per lasciare la residenza solo poco prima della morte per trasferirsi alla Casa del Clero bolognese in Via Barberia 24.
In tutto questo periodo non cessa il suo rapporto con la frazione grizzanese, perché nel frattempo aveva acquistato la cabina della Società Valdarno che aveva costruito il Ponte della Direttissima, dove si ritira per i mesi estivi liberi dall’insegnamento e per un lungo periodo da sfollato durante la Seconda Guerra Mondiale (la casa, sebbene ristrutturata e abbassata è ancora oggi visibile all’ingresso della galleria, vicino alla Chiesa); insomma Pian di Setta è un buen retiro, un luogo dove ritemprarsi dalle fatiche dell’insegnamento, forse più che per meditare, attività inevitabilmente interrotta dal suono dei treni, e sicuramente occasione per incontrare i parrocchiani conosciuti nel periodo del suo magistero.
Ci sono alcuni episodi divertenti riguardo il suo insegnamento e abbiamo la fortuna di poterli riportare perché ce li ha raccontati Don Elio Ferdinandi che fu suo allievo in Seminario e dal 1949 si ritrovò ad occupare la Parrocchia del suo Maestro di Filosofia, parrocchia che ancora oggi, all’età di 88 anni e dopo 63 di sacerdozio regge.
Pare ad esempio che nei cataloghi editoriali il libro Il Genio fosse indicato come esaurito e vedere riportati di seguito il nome dell’autore, il titolo e la indisponibilità commerciale, ignorando con un pizzico di malizia la naturale interpunzione, ovvero leggere Carlo Montevecchi Il genio esaurito, venisse interpretato ironicamente dagli studenti, alcuni dei quali prendevano anche nota del suo abituale intercalare per rafforzare la fondatezza delle ipotesi e dei ragionamenti che andava esponendo (“è vero…è vero”), per calcolarne il totale al termine della lezione. Ma forse il più affettuoso ricordo è quello di una vignetta che lo ritraeva in caricatura con i piedi fuori dalla finestra sulla Direttissima mentre passavano treni. Don Elio ricorda anche che girava sempre con un grande ombrello, pure d’estate, e che a Bologna aveva casa in Via del Piombo, una stradina vicina ad un altro grizzanese d’adozione, Giorgio Morandi.
Una testimonianza diretta la ricaviamo dal libro che ricostruisce la storia del Seminario Pontificio Regionale, 70 anni di frutti: dall’albero del Pontificio Seminario Regionale <> di Bologna : a pagina 203 troviamo una sua foto e nella successiva un breve profilo che riportiamo integralmente: “Per lui la filosofia era come il pane necessario ogni giorno: era la sapienza stessa, la guida alla religione e alla vita: era tutto. Pareva che la filosofia gli fosse familiare dalla nascita. Meditava sempre sui problemi, anche per la strada, riuscendo a isolarsi, anche nel frastuono della città. Però, intendiamoci <>. Le altre non sono filosofie, ma aberrazioni. I libri distribuiti agli alunni per esercitazioni, erano densi di note marginali: <>. Gli alunni gli erano affezionatissimi. Lo chiamavano, dall’argomento della prima lezione che egli aveva tenuto, <>, e avevano disegnato il <> del Professore (un casello ferroviario, comprato da lui in montagna per le sue vacanze), adornandolo di tutti i simboli filosofici”.
Vediamo ora di esaminare i suoi scritti, il primo dei quali è il citato Il genio. Nella prefazione rivela che sfogliando volumetti in cui aveva raccolto i suoi pensieri l’occhio gli si fermò sopra alcune osservazioni intorno al genio, decidendo di raccoglierli e infine pubblicarli (“un’opericciuola fatta in poco più di due mesi, e per giunta frequentando la scuola”) , ritenendolo uno studio opportuno perché se ne parlava poco all’epoca al di fuori del campo cattolico, e in più un contributo alla psicologia, che definisce parte fondamentale e brillante della filosofia.
Nel lavoro esamina le differenze che distinguono il genio dall’uomo ordinario arrivando a intravedere nell’esteriorità del genio molto in comune con l’esteriorità del santo, confutando in ventisette punti il lavoro di Cesare Lombroso , e individuando nel periodo di origine delle religioni quelli più fecondi di geni. Nell’ultimo capitolo rivendica per il genio perfetta sensibilità e perfetta intelligenza (e non follia), e di come subendo l’influsso dell’ambiente crei una idea e la attui, secondo l’ordine di Provvidenza.
Il secondo è un libro di gnoseologia, ovvero la branca della filosofia che si occupa della conoscenza. Si apre con la dedica al Cardinale Giovanni Battista Nasalli Rocca di Corneliano , il nulla osta è di Monsignor Ettore Carretti (1871-1952), Parroco di S. Caterina in Saragozza per 44 anni, insegnante di Filosofia e Teologia per oltre trent’anni al Seminario Arcivescovile Regionale, autore di una importante Vita di Gesù (1937) e di opere di teologia e filosofia dall’opera di S. Tomaso d’Aquino, mentre l’imprimatur è del Vicario generale Mons. Felice Gallinetti (1875-1959), insegnante di Diritto Canonico, Parroco di San Giuliano dal 1909 alla morte, Canonico di San Petronio e maestro del clero bolognese per decenni. Nella presentazione l’autore si rivolge alla gioventù studiosa perché questo è un testo rivolto a loro. L’obiettivo è affrontare i diversi aspetti del problema gnoseologico evidenziati dai più rinomati filosofi che vengono presentati con una breve nota biografica. Il libro è diviso in tre parti, la prima riguarda i principali filosofi greci (Socrate, Platone e Aristotele), la seconda tratta del problema della conoscenza umana secondo la filosofia perenne, scolastica (che è il punto privilegiato dell’autore, seguace del Mercier e del neotomismo, la corrente filosofica che recuperando il pensiero di S. Tomaso d’Aquino si contrappone al positivismo, collocandosi tra materialismo e idealismo), mentre la terza espone i filosofi moderni fino al 1900 (Cartesio, Bacone, Kant e Hegel).
Il terzo libro è un opuscolo che ha per soggetto la spiritualità, in un certo senso un sunto conclusivo delle sue personali ricerche, umane e spirituali, forse anche un commiato in considerazione dell’età che avanza. Firmato in qualità di Professore e Decano del Capitolo di San Petronio reca una dedica autografa nell’antiporta, Al Sig. Sassoli Manfredo l’autore presenta copia dell’ultima pubblicazione firmata dall’autore che pubblica “A memoria di Dio e alla cara memoria di mia madre Bortolotti Teresa”. Il nullaosta è di Alojsius M. Bettazzi, al secolo Luigi Maria Bettazzi (1923), colui che lo ha sostituito in veste di docente di filosofia, in seguito Vescovo emerito di Ivrea e Presidente di Pax Christi, mentre l’imprimatur è di Gilbertus Baroni al secolo Gilberto Baroni, (1913-1999), che sarà Vescovo di Albenga e poi di Reggio Emilia-Guastalla, ed è datato 31 maii (maggio) 1955. L’introduzione è intitolata Due parole di chiarimento, per spiegare che con il termine orientamenti contenuto nel titolo “si intende presentare la vera definizione dell’uomo, cioè le note essenziali comuni a tutti gli uomini” .
Dieci capitoli che servono a indagare la vera natura dell’uomo “fermo restando che l’uomo è unità sostanziale di anima e corpo” , concludendo che “alla grande corruzione dei costumi e al dilagare della delinquenza, solo la religione cristiana può mettere in giusta luce ciò che vi è di buono nei diversi scopi educativi affinati nella storia” .
Al termine di queste brevi note poco altro resta da dire sulla parabola umana e spirituale di Don Montevecchi, se non che la cura della Parrocchia gli ha fatto conoscere bene un luogo al quale era rimasto fortemente legato da un sentimento di affetto che lo riportava quassù viaggiando comodamente su quella strada ferrata che aveva visto avanzare giorno dopo giorno.